Cosa è il glaucoma?

 

 


 

1. Glaucoma: ladro silenzioso della vista

Per glaucoma si intende un gruppo eterogeneo di malattie oculari, accomunate dalla presenza di un danno progressivo ed irreversibile a carico del nervo ottico.
Il nervo ottico è la struttura che connette l’occhio al cervello e che trasmette ad esso quegli impulsi elettrici creati durante la visione dalla retina (membrana più interna del bulbo oculare), consentendo la loro interpretazione come immagini.
Gli occhi affetti da glaucoma presentano delle alterazioni caratteristiche a livello del nervo ottico (alle sue fibre nervose ed alle cellule ganglionari da cui derivano), con difetti corrispondenti nel campo visivo. I deficit del campo visivo (Immagine 1a) possono evolvere, portando ad una lenta, graduale ed irreversibile menomazione visiva fino all’ipovisione (Immagine 1b), ed in alcuni casi alla cecità.
La diagnosi precoce ed il trattamento tempestivo del glaucoma possono prevenire tale compromissione visiva.

2. Prevalenza

Il glaucoma costituisce un rilevante problema di salute pubblica. Rappresenta la seconda causa di cecità nel mondo dopo la cataratta ma, a differenza di quest’ultima, la perdita visiva associata al glaucoma è irreversibile.
Si prevede che il numero di persone affette da glaucoma nel mondo aumenterà dagli attuali 64 milioni (3.5% della popolazione tra i 40 e 80 anni) a 76 milioni nel 2020 e a 112 milioni nel 2040. Negli ultimi 25 anni, i pazienti glaucomatosi con danno visivo da moderato a severo sono cresciuti da 3 milioni nel 1990 a 4 milioni nel 2015, con un contemporaneo aumento di quelli con cecità da 2.5 a 3 milioni.
Secondo recenti stime in Italia sono circa 800.000 i pazienti accertati. In termini percentuali ciò equivale al 2.5% della popolazione italiana sopra i 40 anni, con maggiore prevalenza al nord (48%), seguita dalle isole (28%) e dal centro (24%).
I parenti di primo grado di un paziente con glaucoma hanno un rischio fino a 9 volte superiore alla popolazione generale di sviluppare tale patologia; ciò nonostante, oltre il 50% delle persone nei paesi sviluppati non è a conoscenza di esserne affetto. Peraltro, tra coloro che sono stati sottoposti ad una visita oculistica nel mondo, circa il 50% degli individui realmente affetti da glaucoma non ha ricevuto tale diagnosi, ed al contrario più del 50% di coloro a cui è stata prescritta una terapia antiglaucomatosa non è realmente affetto dalla malattia.

3. Meccanismi e Tipologie

Il glaucoma si associa solitamente ad un’elevata pressione intraoculare, anche se talora può presentarsi con una pressione normale (glaucoma a pressione normale o a bassa tensione), ed il più delle volte senza avere una causa evidente (forma "primaria").
Generalmente la pressione intraoculare è considerata normale nel range 10-21 mmHg, con escursioni diurne di 2-6 mmHg: in condizioni di normalità, essa è mantenuta costante da un preciso equilibrio tra la quantità di fluido (umor acqueo) continuamente prodotta e quella al contempo fuoriuscita dal bulbo oculare. Più esattamente l’umor acqueo viene prodotto nella camera posteriore oculare (spazio situato dietro l'iride) da parte di specifiche strutture dette processi ciliari, circola tra iride e cristallino entrando attraverso la pupilla in camera anteriore (spazio davanti all’iride), e viene da qui drenato verso il sistema venoso esterno da parte di una struttura filtrante chiamata trabecolato, che si trova a livello dell’angolo tra cornea ed iride (angolo irido-corneale).
L’aumento della pressione intraoculare sembra derivare da un eccessivo accumulo di umor acqueo all’interno dell’occhio, legato ad un difficoltoso deflusso attraverso le vie di drenaggio per malfunzionamento intrinseco (glaucoma ad angolo aperto) o secondario a contatto –talora acuto– irido-trabecolare con chiusura dell’angolo irido-corneale (glaucoma da chiusura d’angolo) (Immagine 2). L’elevata pressione intraoculare è in grado di produrre alterazioni patologiche caratteristiche a carico del nervo ottico.

  1. Nel glaucoma ad angolo aperto, nonostante un normale ed adeguato accesso dell’umore acqueo al trabecolato, quest’ultimo si presenta meno permeabile, producendo così un aumento asintomatico della tensione oculare. L’acuità visiva non subisce variazioni ed il paziente molto spesso non si accorge della presenza della malattia fin quando il danno che si instaura lentamente a livello del nervo ottico non diventa avanzato, risultando in una compromissione evidente del campo visivo.

  2. Nel glaucoma da chiusura d’angolo si può avere un contatto irido-trabecolare più o meno esteso circonferenzialmente con chiusura acuta, intermittente o cronica dell’angolo irido-corneale, conseguente ostruzione meccanica al deflusso dell’umor acqueo ed aumento della pressione dell’occhio fino a valori molto elevati. I meccanismi alla base sono diversi, e si attivano solitamente in presenza di una particolare anatomia del segmento anteriore oculare (es. camera anteriore ridotta in occhi ipermetropi) che predispone a risposte fisiologiche esagerate: essi possono essere principalmente ricondotti al blocco pupillare (un contatto serrato tra superficie posteriore iridea e cristallino a livello della pupilla provoca l’accumulo dell’umore acqueo dietro l’iride e la conseguente spinta dell’iride -come una vela- verso il trabecolato), all’affollamento angolare (per anello periferico irideo ispessito; radice iridea congenitamente inserita più avanti o spinta in avanti da processi ciliari anteriorizzati [iris plateau]; iride che, dilatandosi in condizioni di ridotta illuminazione, non subisce la naturale riduzione del suo volume occupando così tutto l’angolo; …), al tipo facomorfico (per la presenza di una cataratta matura intumescente od un cristallino lussato in avanti che spingono l’iride anteriormente riducendo la camera anteriore e l’angolo) o infine a meccanismi misti. Le suddette caratteristiche anatomiche devono essere ricercate e riconosciute dallo specialista ai fini della prevenzione.
    Nelle forme acute la pressione intraoculare può arrivare a livelli nettamente superiori rispetto a quelli riscontrati nelle forme ad angolo aperto, motivo per cui i sintomi sono improvvisi, eclatanti e prostranti (forte dolore nella regione dell’occhio, visione sfocata e aloni attorno alle luci, nausea e vomito). In questi casi è necessaria una visita oculistica urgente al fine di interrompere al più presto il meccanismo causale ed evitare che l’occhio subisca un danno irreversibile.
    Quando la chiusura dell’angolo si manifesta in maniera intermittente, i sintomi possono essere anche di scarsa entità e la pressione intraoculare può essere variamente elevata, con valori normali nelle fasi tra gli attacchi subacuti. Proprio per questo motivo le forme intermittenti sono tra le più insidiose: possono essere sottovalutate dal paziente e misconosciute dall’oculista. La mancata attuazione di misure preventive e/o terapeutiche adeguate potrà nel tempo portare alle forme croniche, di per sé asintomatiche, caratterizzate da un ingravescente malfunzionamento della struttura filtrante trabecolare (che in ciò le rende simili alla forma ad angolo aperto) o da una sua chiusura progressiva per la presenza di ampie e crescenti aderenze iridee, al punto che il paziente può trovarsi costretto a sottoporsi ad un intervento chirurgico come unica soluzione efficace.

Glaucoma secondario

Il termine glaucoma secondario (che può essere ad angolo aperto o da chiusura d’angolo, dell’adulto o dell’infanzia) fa riferimento a tutte quelle forme di glaucoma in cui è identificabile una specifica causa responsabile dell’aumento della pressione oculare. Tra le forme più frequenti si annoverano il glaucoma pseudoesfoliativo, pigmentario, neovascolare (spesso associato alla retinopatia diabetica o a problematiche vascolari occlusive della retina), infiammatorio, post-traumatico, post-chirurgico, da corticosteroidi (assunti per collirio, per via intravitreale o sistemica) o associato a tumori intraoculari.

Glaucoma dell’infanzia (congenito e giovanile)

Nonostante il glaucoma sia una patologia tipica dell’età adulta, esso può insorgere a tutte le età, persino durante l’infanzia o già alla nascita, con una forma ad angolo aperto o da chiusura d’angolo, primaria o secondaria (associata ad anomalie oculari o malattie sistemiche presenti alla nascita, o a condizioni acquisite in seguito). In particolare, esiste una forma congenita di glaucoma che si può manifestare in età neonatale (≤1 mese), infantile (1-24 mesi) o tardiva (>24 mesi; solitamente asintomatica); quando il glaucoma insorge invece tra i 4 e i 35 anni prende il nome di glaucoma giovanile: questo tipo di glaucoma presenta un quadro angolare normale senza segni di altre anomalie oculari o sistemiche, configurandosi perciò come una forma di glaucoma primario ad angolo aperto.
Il glaucoma congenito (Immagine 3) è una patologia rara (la prevalenza è di 1 su 12-18.000 nati tra i Caucasici), più frequente nei maschi (65%) e bilaterale nel 70% dei casi, che si associa ad una forte componente genetica (la sua incidenza è 5-10 volte superiore nei pazienti che abbiano parenti di primo grado affetti dalla stessa patologia), con ingente impatto sullo sviluppo del bambino e sulla sua qualità di vita a lungo termine. Esso è causato da un alterato sviluppo della rete trabecolare e/o delle successive vie di deflusso, che determina un drenaggio più o meno difficoltoso dell’umor acqueo ed un ipertono oculare tanto più marcato quanto più rilevante è il grado di malformazione dell’angolo irido-corneale per uno sviluppo strutturale arrestatosi più precocemente. I segni che devono far allarmare i genitori nel sospetto di un glaucoma congenito sono: buftalmo (uno o entrambi gli occhi di grandi dimensioni), una o entrambe le cornee più grandi (talora di colore bluastro), iperlacrimazione, spasmo delle palpebre, avversione alla luce, istinto a strofinarsi gli occhi. In presenza di questi campanelli d’allarme i genitori dovrebbero rivolgersi immediatamente ad uno specialista per il necessario approfondimento diagnostico (un esame sotto anestesia o sedazione può essere necessario per misurare vari elementi come i diametri corneali, il difetto rifrattivo, la lunghezza del bulbo oculare e la pressione intraoculare, e valutare segmento anteriore e posteriore oculare -con particolare attenzione al nervo ottico- così anche da escludere altre patologie, il tutto da ripetersi durante l’eventuale monitoraggio) e per la dovuta terapia: un trattamento precoce su questi bambini molto piccoli può infatti fare la differenza nella preservazione della funzione visiva e nella prevenzione della disabilità in età adulta, consistendo essenzialmente nella chirurgia e relegando il ricorso alla terapia medica al periodo di programmazione chirurgica ed eventualmente in aggiunta dopo essa.
Diversamente da tale forma congenita, nella gestione della forma giovanile che colpisce bambini più grandi la terapia medica riveste un ruolo importante di prima linea, seppure in base all'età la chirurgia sia spesso necessaria.

4. Chi è a rischio di sviluppare il glaucoma?

Vi sono alcuni fattori, diversi per le due forme di glaucoma, che si associano ad una maggiore probabilità di sviluppare la patologia.

Fattori di rischio per il glaucoma ad angolo aperto:
  • Pressione intraoculare elevata: è il principale fattore di rischio.

  • Età: la prevalenza del glaucoma aumenta con l’età. Il riscontro più frequente avviene infatti intorno ai 40 anni in occasione di una visita oculistica per un’incipiente difficoltà per vicino (presbiopia).

  • Etnia: la prevalenza del glaucoma è maggiore negli individui afro-americani rispetto agli individui di etnia caucasica.

  • Familiarità: il rischio di sviluppare glaucoma è 4-10 volte superiore in coloro che hanno un parente di primo grado affetto dalla patologia rispetto a chi ha anamnesi familiare negativa.

  • Pseudoesfoliatio: è una condizione patologica che può interessare diversi organi ed alcune strutture oculari, con produzione di un materiale di colore biancastro che si può depositare a livello del trabecolato, intasandolo (con meccanismo simile al pigmento nel glaucoma pigmentario).

  • Spessore corneale centrale: è stato riportato un rischio aumentato del 30-41% per ogni 40 µm di spessore corneale centrale in meno rispetto ai valori medi normali. Tale associazione non sussiste chiaramente di fronte alle riduzioni di spessore conseguenti alla chirurgia rifrattiva; d’altronde, le contemporanee modifiche che tale chirurgia attua sulla curvatura e sulla elasticità/resistenza della cornea rendono meno attendibile la misurazione della pressione intraoculare: questo è il motivo principale per cui il glaucoma è considerato una controindicazione relativa agli interventi di chirurgia rifrattiva, in cui ogni caso deve essere valutato singolarmente.

  • Miopia: la miopia da moderata a severa (>-3D) implica una lunghezza assiale oculare maggiore (di 1 mm per ogni 3D di difetto rifrattivo) rispetto alla norma. L’allungamento del bulbo oculare determina lo stiramento ed assottigliamento delle sue strutture posteriori, soprattutto vascolari e di sostegno, rendendo la retina ed il nervo ottico più suscettibili al danno indotto dall’ipertono oculare.

  • Fattori vascolari: ipotensione arteriosa, apnee ostruttive, disregolazione vasomotoria (emicrania vasomotoria e fenomeno di Raynaud), sindromi da ipercoagulabilità si associano allo sviluppo del glaucoma attraverso una ridotta pressione di perfusione oculare.

  • Ipotensione endocranica: per squilibrio del gradiente tra pressione intracranica ed intraoculare a livello della lamina cribrosa nel nervo ottico, principale sito di danno glaucomatoso.

Fattori di rischio per il glaucoma da chiusura d’angolo:
  • Età adulta

  • Sesso femminile

  • Familiarità

  • Etnia asiatica

  • Camera anteriore bassa

  • Ipermetropia

Principali fattori concorrenti e scatenanti per il glaucoma da chiusura d'angolo:
  • Cataratta voluminosa (per aumento di volume del cristallino e conseguente riduzione di profondità della camera anteriore e del grado di ampiezza dell’angolo irido-corneale)

  • Alcuni farmaci topici e generali (es. anticinetosici, antispastici, antidepressivi, antistaminici, soprattutto attraverso un’attività collaterale di dilatazione pupillare)

  • Particolari situazioni di luminosità ambientale (penombra)

5. Problemi di cui il paziente si lamenta e qualità di vita

I pazienti con glaucoma in stadio avanzato hanno difficoltà a svolgere diverse attività quotidiane, soprattutto nel caso di un coinvolgimento di entrambi gli occhi. La maggiore difficoltà lamentata dai pazienti è nello svolgere attività in condizioni di illuminazione estremamente ridotta o di luce intensa: la sensibilità al contrasto luminoso è infatti un fattore che pregiudica la capacità del paziente di eseguire autonomamente le attività di vita quotidiana.
Conseguentemente i pazienti con glaucoma sperimentano serie difficoltà in attività come leggere, camminare e guidare, con frequenti cadute ed incidenti stradali legati alla marcata compromissione del loro campo visivo.
Nella percezione soggettiva di tali disabilità, i pazienti danno maggiore peso alle attività che implicano la visione centrale e per vicino (come leggere) e a quelle che implicano la mobilità al di fuori dell’ambiente domestico (come camminare e guidare); attribuiscono, invece, una minore importanza alla difficoltà nello svolgere i compiti domestici o alla tendenza a sbattere contro gli oggetti.

6. Diagnosi

Mentre la diagnosi del glaucoma in fase avanzata è abbastanza semplice, la diagnosi precoce del glaucoma può rivelarsi molto ostica poiché, nelle fasi iniziali della patologia, le alterazioni del disco ottico (anche detto papilla ottica, parte intraoculare del nervo ottico valutabile durante una visita oculistica) e del campo visivo possono sfuggire o non essere evidenti.
La diagnosi precoce si può, tuttavia, attuare con una serie di esami, partendo da test di base fino ad arrivare ad altri high-tech.

Valutazione di screening
  • Accurata anamnesi familiare e patologica, soprattutto finalizzata ai fattori di rischio

  • Esame dell’acuità visiva

  • Tonometria oculare (misurazione della pressione intraoculare, Immagine 4; Link video tutorial)

  • Valutazione biomicroscopica del segmento anteriore oculare

  • Oftalmoscopia del polo posteriore retinico oculare (Immagine 5a e Immagine 5b)

Esami di secondo livello in caso di sospetto o per monitoraggio

7. Prevenzione e trattamento

Individuare il glaucoma per tempo è possibile, anche se nelle forme croniche i sintomi sono praticamente inesistenti (diversamente dalla forma acuta in cui si presentano all’improvviso) ed i segni delle forme secondarie sono infrequenti; d’altronde eventuali elementi anatomici predisponenti alla chiusura d’angolo devono essere assolutamente rilevati, anche e soprattutto data la loro pericolosità crescente nel tempo. È pertanto evidente quanto sia indispensabile sottoporsi a visite oculistiche periodiche, almeno una volta l’anno dopo i quarant’anni: solo così è possibile individuare anche piccole alterazioni oculari che possono far sospettare una predisposizione o un inizio di glaucoma.
Una volta formulata la diagnosi, è possibile procedere in modi diversi a seconda del tipo di glaucoma e della sua gravità. Ad oggi, l’unico modo per arrestare o rallentare i danni legati al glaucoma consiste nel ridurre la pressione intraoculare, tendendo a raggiungere quella pressione intraoculare “obiettivo” (target pressure) che, a seconda dei diversi fattori di rischio presenti nel tempo, permetta il mantenimento della funzione visiva e perciò della qualità di vita: ciò può essere realizzato attraverso la terapia medica (topica e/o sistemica), la terapia laser e diverse procedure chirurgiche. D’altra parte va anche evidenziato che, in assenza di altri fattori di rischio, una pressione moderatamente superiore ai limiti di normalità non necessariamente produrrà un glaucoma durante la vita dei pazienti e dovrà essere trattata.

Trattamento farmacologico

Generalmente in prima istanza si preferisce proporre a chi soffre di glaucoma una cura a base di colliri in grado di abbassare la pressione all’interno dell’occhio: i principi attivi sono ad oggi gli analoghi delle prostaglandine, i ß-bloccanti, gli α2-stimolanti, gli inibitori dell’anidrasi carbonica ed i parasimpaticomimetici, ognuno con possibili specifici effetti collaterali locali o sistemici; nel caso del glaucoma da chiusura d’angolo quest’ultima classe, insieme agli α1-bloccanti, assume una particolare rilevanza per la loro particolare capacità di stringere la pupilla e, di conseguenza, cercare di aprire l’angolo irido-corneale o contrastarne la chiusura.
Per una buona gestione della malattia è fondamentale rendere i pazienti edotti della presentazione spesso asintomatica del glaucoma e della sua storia naturale, con una possibile perdita irreversibile della vista nei casi non trattati o trattati in maniera insufficiente. In merito, i pazienti devono inoltre essere resi consapevoli del fatto che le terapie antiglaucomatose vanno effettuate quotidianamente e –a meno di altri interventi– per tutta la vita, seppur con i potenziali effetti collaterali e spesso senza la percezione soggettiva di benefici tangibili.

Trattamento parachirurgico (laser)

Nelle forme ad angolo aperto, la finalità è essenzialmente quella di ridurre la pressione intraoculare tentando di riattivare la funzione del trabecolato, più o meno compromessa, attraverso la focalizzazione su di esso di un fascio laser (trabeculoplastica). L’efficacia di questo trattamento è generalmente limitata nel tempo, ciò nonostante esso può essere considerato anche prima della terapia medica, oltre che come misura aggiuntiva ad essa.
Il laser può inoltre trovare applicazione come soluzione estrema, nel caso in cui anche la chirurgia abbia fallito o non sia praticabile: la cicloablazione è la procedura a cui si ricorre in tali situazioni (recentemente anche tramite ultrasuoni focalizzati), e agisce distruggendo una quota dei circa 70 processi ciliari presenti circonferenzialmente sul corpo ciliare.
Nelle forme da chiusura d’angolo, la tipologia di trattamento laser adottato dipende dal meccanismo causale sottostante, ma sempre con l’obiettivo di alleviare gli elementi anatomici negativi ed aprire –anche parzialmente– l’angolo irido-corneale, e/o ostacolarne la possibile progressiva chiusura. Esso può essere infatti raggiunto creando nello spessore irideo una via di comunicazione fra camera posteriore ed anteriore dell’occhio (cioè dietro e davanti all'iride) atta a favorire il passaggio di umore acqueo e l’equilibrio delle pressioni tra le due camere (iridoclasia o iridotomia), quando presente un ostacolato deflusso a livello pupillare (blocco pupillare) con aumentata convessità anteriore dell’iride che restringe l’angolo; e/o altresì assottigliando ed allontanando dall’angolo l’iride periferica (gonioplastica o iridoplastica periferica) in caso di affollamento dell’angolo stesso per anomala conformazione e comportamento al buio delle strutture ivi presenti o adiacenti.
Indipendentemente dalla tipologia, i trattamenti laser durano solo alcuni minuti e sono generalmente eseguiti in regime ambulatoriale, cioè senza bisogno di ricovero ospedaliero, necessitando della sola anestesia locale.
Per quanto riguarda le principali complicanze, si rimanda alla consultazione delle schede informative dei singoli consensi informati.

Trattamento chirurgico

Il ricorso a tale trattamento avviene di fronte ad un’impossibilità di raggiungere pressioni adeguatamente basse attraverso i colliri o in caso di scarsa compliance del paziente o reazioni tossico-allergiche ai farmaci, o infine quando il danno glaucomatoso continui a progredire malgrado pressioni intraoculari estremamente ridotte ottenute con la terapia medica (situazione questa che peraltro dimostra come l’elevata pressione intraoculare non sia l’unico fattore associato al danno da glaucoma).
La chirurgia del glaucoma prevede diverse tecniche più o meno invasive, recentemente evolutesi con il sorgere di nuovi microimpianti anteriori ricompresi sotto la denominazione di MIGS (Micro-invasive o Minimally-Invasive Glaucoma Surgery), inseribili dall'esterno o dall'interno dell'occhio, ad oggi molto promettenti ma ancora in attesa di risultati definitivi di efficacia.
La scelta dell’opzione chirurgica più appropriata dipende dalla tipologia di glaucoma, dalla sua severità e dall’esperienza e preferenza del chirurgo nell’esecuzione dell’una o dell’altra tecnica, sempre però con il fine di abbassare la pressione intraoculare e minimizzare la necessità di una terapia farmacologica, e addizionalmente di aprire l’angolo irido-corneale in caso di glaucoma da chiusura d’angolo.
La procedura più comunemente utilizzata è la trabeculectomia, tecnica che consiste nella creazione di una via di drenaggio artificiale dell’umor acqueo attraverso un’apertura, protetta da uno sportello scolpito nella parete oculare esterna, che collega l’interno dell’occhio (angolo della camera anteriore) ad uno spazio esterno ma sottocongiuntivale, perciò non a diretto contatto con l’ambiente: conseguenza è la formazione di una bozza congiuntivale, generalmente sotto la palpebra superiore. Contestualmente alla trabeculectomia è possibile eseguire anche l’intervento di cataratta (l’estrazione del cristallino contribuisce ulteriormente all’abbassamento della pressione intraoculare, soprattutto nei casi di glaucoma da chiusura d’angolo).
Tra gli altri interventi antiglaucomatosi vanno ricordati gli interventi non penetranti all’interno dell’occhio, in quanto meno invasivi, come la sclerectomia profonda (creazione di via di deflusso simile alla trabeculectomia ma senza raggiungere la camera anteriore e pertanto senza manipolazione dell’iride) e la canaloplastica (dilatazione di alcuni fisiologici canali di deflusso, così riattivati, mediante sostanze viscose e filo sintetico). Esistono infine impianti drenanti posteriori valvolati o non (es. di Ahmed, Baerveldt, Molteno, …) che attraverso un tubicino di materiale plastico portano l’umore acqueo dall’interno dell’occhio ad una zona esterna sottocongiuntivale posta posteriormente a 8-10 mm dalla cornea: tale chirurgia è soprattutto riservata a casi refrattari a precedenti interventi.
Tutti questi interventi possiedono differenti complessità e possibilità di successo, spesso limitate da un’eccessiva cicatrizzazione che può vanificarne la riuscita o da altre complicanze che sono sintetizzate nelle schede informative dei singoli consensi informati. Per ogni intervento chirurgico è necessario sottoporsi ad un’anestesia locale oppure ad una narcosi, ovvero ad una sedazione leggera ma generale.
Dopo l’intervento chirurgico è bene seguire delle norme comportamentali ed igieniche stringenti per impedire qualsiasi tipo di insulto, soprattutto infettivo, all’occhio, nonché sottoporsi a controlli ripetuti specialmente nelle prime settimane, fondamentali per modulare la risposta infiammatoria oculare ed indirizzare l’occhio ad un risultato ipotensivo ottimale.